La solennità che celebriamo oggi ci invita a contemplare e adorare il Signore presente nelle specie eucaristiche; ci inginocchiamo di fronte all’ostia consacrata e vi riconosciamo il Signore che rimane tra noi in questo umile segno. La Liturgia della Parola di questo giorno sottolinea questo mistero di amore e di alleanza di Dio con l’umanità.
Dell’alleanza antica tratta la prima lettura: il patto che viene stipulato tra Jhwh e Israele sul monte Sinai. Mosè riferisce le parole di Dio al popolo ed esso accetta quanto il Signore gli chiede per rimanere fedele all’alleanza: “Quanto ha detto il Signore lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”. L’alleanza del Sinai è la sintesi celebrativa del cammino fatto dal popolo di Israele nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù in Egitto; il sacrificio descritto conclude la promulgazione dell’alleanza. Per l’antico Israele l’alleanza è un patto che due contraenti si impegnano ad assumere per vivere tra loro relazioni pacifiche e di comunione. Vi erano due rituali di alleanza: il primo è rappresentato dal pasto di comunione tra i contraenti, il secondo è rappresentato dl rito del sangue. La liturgia odierna narra la seconda parte del rito quella del sacrificio. Redatto il patto sono preparati l’altare, simbolo della presenza di Dio, e dodici pietre simbolo delle dodici tribù di Israele. L’aspersione del sangue è la parte centrale del rito: poiché Jhwh ha proposto il patto metà del sangue del sacrificio viene subito sparsa sull’altare, l’altra metà viene sparsa sul popolo dopo che Mosè ha letto il libro dell’alleanza davanti a Israele, ed esso ha accettato. Parola e rito dicono che è nata tra il Signore e il popolo una comunione vitale simboleggiata dal sangue, segno della vita che accomuna Jhwh e Israele. L’alleanza è dunque comunione di vita che Dio offre e impegno del popolo ad osservare la parola per rimanere fedele.
In Gesù verrà conclusa l’alleanza nuova e definitiva attraverso il suo sangue sparso e il suo corpo donato sulla croce per gli uomini di tutti i tempi. E’ quanto leggiamo nella seconda lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei, uno scritto destinato ai giudeo-cristiani che comprendono la continuità tra il patto del Sinai e quanto è avvenuto attraverso Cristo mediatore dell’alleanza nuova. Il mistero dell’Incarnazione, la tenda, e della Redenzione, il suo sangue sparso, danno significato pieno a quanto ha vissuto l’antico Israele. Gesù Cristo è il sommo sacerdote dei beni futuri, la tenda più grande e più perfetta non costruita da mani di uomo, Colui che con il suo sangue ci ha redenti per sempre, donando tutto sé stesso ci ha purificati dai nostri peccati e ci ha donato la comunione con il Padre. Egli rimane tra noi oggi attraverso la Parola e i sacramenti.
Il Vangelo è il racconto dell’istituzione dell’eucarestia durante la cena pasquale. Gesù dà pieno compimento al rito. L’evangelista Marco, narrando i particolari di quest’ultima cena non nomina mai l’agnello: Gesù stesso è l’agnello pasquale che sta per essere immolato. In quell’ultima cena il Maestro non celebra solo il ricordo della liberazione di Israele, ma attualizza nel suo sacrificio la salvezza per ogni uomo. E’ la nuova Pasqua nella quale Cristo offre sé stesso, la totalità della sua persona e della sua vita. Con i gesti e le parole di questa cena, è rivelato ai dodici il valore salvifico della morte di Gesù, il suo amore gratuito e immenso per noi. Da Cristo che si dona nell’Eucarestia tutti i credenti sono invitati non solo a perpetuare il suo gesto d’amore nella celebrazione eucaristica, ma anche a donare la propria vita, a farsi pane spezzato per i fratelli.
Sorelle Clarisse. Monastero San Micheletto