La liturgia di questa domenica ci offre delle pagine particolarmente ricche, che offrono risposte agli interrogativi più profondi che ciascuno di noi si pone: qual è il senso del mio vivere, lo scopo della mia vita, e con quali mezzi lo vivo o cerco di raggiungerlo? Che cosa può darmi veramente la felicità, la gioia, la serenità?…Desideri e domande che abitano il cuore di ciascuno di noi. Ecco allora che la prima lettura, con il brano tratto dal libro della Sapienza, ci mette davanti delle affermazioni forti, provocatorie: Implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; (…) tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l’argento (Sap 7, 7-9) Decisamente siamo su un discorso proprio ‘controcorrente’! La maggior parte delle persone ricercano le ricchezze, ne fanno la loro sicurezza. Anche nel mondo biblico la ricchezza era considerata un segno della benedizione di Dio, invece l’autore sacro vuole ricordarci che le ricchezze sono, sì, importanti, ma c’è qualcosa che vale molto di più di qualunque ricchezza: avere la saggezza, la sapienza, saper distinguere ciò che è bene da ciò che è male. E in quest’epoca di falsi profeti, magari supportati da vari mezzi di amplificazione, non è per niente semplice sapere veramente cosa è bene e cosa è male! Perciò lui PREGA, addirittura IMPLORA, perché solo una luce che viene da Dio può aiutarci a scoprire dove sta la verità, dove sta la saggezza, e trovare quella perla preziosa, quella cosa che, dice poi, è più importante delle cose più necessarie per l’uomo: L’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce… (Sap 7, 10). La salute, la bellezza, perfino la luce….non poteva trovare immagini più significative per farci capire come il vivere nella sapienza sia necessario per l’uomo. Questo porta con sé, generalmente, grandi beni: Con essa mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. (Sap 7,11) Forse talvolta la ricchezza che ci viene dallo scegliere la sapienza non sarà una ricchezza materiale, ma di certo una ricchezza c’è, ed è quella di un cuore libero, un cuore sereno, un cuore forte che sa tracciare la via giusta a sé stesso e anche agli altri.
La seconda lettura ci parla della Parola che viene da Dio, parola viva, efficace, e più tagliente di ogni spada a doppio taglio. Una parola che non scivola via in superficie, ma….letteralmente ‘ci spolpa’, come plasticamente descrive la lettera agli Ebrei: Essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. non v’è creatura che possa nascondersi davanti a lui… (Eb 4,12-13). Dio qui sembra come un dottore, un chirurgo, col ‘bisturi’ della Parola in mano. Deve guarirci…non può farlo senza togliere quello che è menzogna, stoltezza, peccato…non sono solo le azioni ad essere esaminate, ma perfino i sentimenti e i pensieri. Ma Dio non è un giudice implacabile che sta sempre alle nostre costole per condannare, per fare il conto dei peccati, no. Fa il chirurgo solo se noi liberamente ci mettiamo nelle sue mani per essere guariti, e lo fa con misericordia, lo fa perché sa che da quell’operazione verrà fuori una creatura finalmente sanata, libera, felice. Se ci chiede qualcosa, è perché vuole donarci molto di più.
E’ quello che ci ricorda il brano del Vangelo di oggi. Di solito questo brano viene chiamato ‘del giovane ricco’. Ma sarà stato davvero così giovane questo ricco? Forse no. Chi è molto giovane è di solito più pronto a donare, più generoso, meno calcolatore….questo ‘tale’ che resta anonimo, perché sembra che le ricchezze abbiamo quasi più importanza del suo nome, è già abbastanza adulto da sapere cosa voglia dire essere ricco…e non è disposto a rinunciare a queste sue sicurezze. Va da Gesù, ma non perché è rimasto colpito da Gesù, piuttosto perché vorrebbe assicurarsi ‘un posto’ anche per il futuro…Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. (Mc 10, 21-22) Chi può immaginare come sarà stato quello sguardo di Gesù? Fissare non è lo stesso che guardare semplicemente, è molto di più, è un parlare senza parlare. Doveva essere uno sguardo carico di amore, se l’evangelista annota lo amò e dopo questo amore viene la parola….tutto l’atteggiamento di Gesù è un richiamo al cuore di quest’uomo, perché sia finalmente uomo, non schiavo dei suoi beni, ma il suo invito cade nel vuoto, e l’uomo se ne va triste, afflitto…non poteva essere altrimenti, perché se cerchiamo la nostra sicurezza e felicità nelle cose, queste non possono riempire il nostro cuore, ma solo l’Amore, ricevuto e donato, può farlo.
Gesù poteva dire a quel giovane solo: lascia tutto e vieni con me…ma aggiunge qualcosa: Vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi (Mc 10,21)
Egli non ha bisogno delle nostre ricchezze, ma vuole i nostri cuori, e con la stessa gratuità con cui ama vuole essere amato: vuole cuori liberi, da inviare per liberare anche gli altri.
Ora ci resta da domandarci: ma noi, cosa vuol dire per la maggior parte di noi lasciare le proprie ricchezze? Siamo chiamati a questo o solo alcuni sono chiamati? Davide dice : Alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccare il cuore. E il salmo di oggi, il n. 89, dice: Insegnaci Signore a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. Chi conta i suoi giorni, chi ha in mente che tutto ha una fine, sa mettere le cose al posto giusto, sa conservare il cuore libero e non schiavo di esse. Forse a noi non accadrà mai (o chissà forse sì) di dover lasciare veramente TUTTO pur di conservare la nostra fede in Cristo…come è accaduto ai cristiani dell’Iraq e della Siria, cacciati dalle loro case a malapena con quello che avevano indosso…ma certo ci è chiesto di conservare il cuore libero dalle ricchezze, e non schiavo. Un cuore che sa mettere Cristo al primo posto, sa rinunciare a quello che lo allontana dal Signore: un cuore povero, ma ricco di sapienza, ricco di Dio.