La liturgia di questa domenica continua ad aiutarci nella riflessione del mistero dell’Incarnazione.
La prima lettura ci presenta la Sapienza di Dio che, personificata fa il suo elogio. Si presenta a noi come esistente dall’inizio e uscita dalla bocca dell’Altissimo riportandoci così ai primordi della creazione. La Sapienza è parola che prende sempre più corpo. La parola all’inizio era pietra perché dopo essere stata scritta nella creazione è stata scritta sulla pietra (cfr. le tavole della Legge) esterna al cuore dell’uomo e poi diventa voce perché entri nel cuore degli uomini. Questo processo di crescita della Parola guidata dalla Sapienza per andare verso il suo compimento ha bisogno di testimoni perché ogni testimone che ha accolto dentro di sé la parola di Dio diventa egli stesso testimone di questa stessa Parola fino al punto culminante dell’Incarnazione: “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”.
“Veniva nel mondo la luce vera” così il prologo del Vangelo di Giovanni ci presenta Gesù: Luce che illumina le nostre tenebre dall’interno: “E il Verbo si fa carne e venne ad abitare in mezzo a noi” riportandoci così alla prima lettura in cui la Sapienza pianta la sua tenda in Giacobbe. Dio si presenta come il Dio con noi, un Dio che ci ama, che cammina con noi. “ Così il Natale ci rivela l’amore immenso di Dio per l’umanità. Da qui deriva anche l’entusiasmo, la speranza di noi cristiani, che nella nostra povertà sappiamo di essere amati, di essere visitati, di essere accompagnati da Dio; e guardiamo al mondo e alla storia come il luogo in cui camminare insieme con Lui e tra di noi, verso i cieli nuovi e la terra nuova. Con la nascita di Gesù è nata una promessa nuova, è nato un mondo nuovo, ma anche un mondo che può essere sempre rinnovato. Dio è sempre presente a suscitare uomini nuovi, a purificare il mondo dal peccato che lo invecchia, dal peccato che lo corrompe. Per quanto la storia umana e quella personale di ciascuno di noi possa essere segnata dalle difficoltà e dalle debolezze, la fede nell’Incarnazione ci dice che Dio è solidale con l’uomo e con la sua storia. Questa prossimità di Dio all’uomo, ad ogni uomo, ad ognuno di noi, è un dono che non tramonta mai! Lui è con noi! Lui è Dio con noi!.” ( Papa Francesco Angelus 5 gennaio 2014)
Ecco allora delinearsi nella seconda lettura il solenne inno di benedizione che apre la lettera agli Efesini. In questo inno c’è un costante filo di lode che sale dall’umanità a Dio celebrato come “il Padre del Signore nostro Gesù Cristo”muovendo dall’opera salvifica del Figlio. E’ per questo che centrale è la figura di Cristo nella quale si svela e si compie l’opera di Dio Padre.
Infatti i tre verbi principali ci conducono sempre al Figlio: “Dio ci ha scelti in Lui”: è la nostra elezione ad essere suoi figli come iniziativa libera e gratuita di Dio e questo sin dal principio. Infatti dall’eternità siamo davanti agli occhi di Dio ed Egli ha deciso di salvarci. Il secondo verbo : “la grazia che ci ha gratificato”: questa grazia che il Padre ci dona nel Figlio precede ogni nostra risposta umana ed è manifestazione gratuita del suo amore che ci avvolge e ci trasforma. Il terzo verbo ha per oggetto la grazia divina che è stata abbondantemente riversata su di noi. E’ un verbo di pienezza, di eccesso di donazione. Attraverso questi verbi cogliamo i doni che ci vengono offerti: prima di tutto la Redenzione e l’effusione ampia ed efficace della “sapienza e intelligenza da parte di Dio che svela al credente il mistero della sua volontà, quella cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose. In Cristo converge e acquista senso tutto l’essere creato. Nella pienezza dei tempi, quando Gesù ritornerà egli presenterà se stesso al Padre, poi noi e tutta la creazione come afferma S. Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza”.
Sorelle Clarisse
Monastero San Micheletto