La liturgia di questa domenica ci propone una delle immagini più belle della Sacra Scrittura quella della vigna che è cantata sia nella prima lettura che nel Vangelo. Attraverso questa immagine ci viene mostrata la storia stessa della salvezza che Dio ha iniziato ad attuare nell’A. T. e che trova la sua pienezza in Gesù pietra angolare.
La prima lettura ci offre il cosiddetto “cantico della vigna”: voglio cantare per il mio diletto, il mio cantico d’amore per la sua vigna. E’ il cantico che celebra l’amore di predilezione di Dio e ci offre un esempio della sua pazienza, della sua premurosa attenzione, E’ la storia d’amore tra il vignaiolo (Dio) e la sua vigna (Israele). Ciò che ci viene raccontato con questa immagine poetica è ciò che Dio fa con ogni anima.
L’attesa: egli aspettò è il tempo in cui Dio esprime tutto il suo amore, un’attesa e un amore che restano delusi perché la vigna anziché produrre uva ha prodotto acini acerbi.
Cosa è successo?
Se guardiamo alla nostra vita, alla trama del nostro quotidiano, non facciamo fatica a scorgere come il Signore predispone tutto ciò che potrebbe fare di noi un terreno fertile, una vigna dai molti grappoli: ci ara, ci semina, ci irriga costantemente con la sua parola, talvolta è lui stesso che toglie i sassi dai nostri terreni, eppure nella sua sovrumana grandezza ci lascia liberi nella risposta.
L’adesione o il rifiuto sono lo sforzo di ogni giorno, continuamente siamo chiamati a scegliere. Ciascuno di noi, riprendendo l’allusione richiamata dal profeta, può paragonarsi a una vigna, dalla quale il Signore aspetta frutti dolci; ma ciascuno di noi, lasciando infruttuoso quanto vi è stato posto per portare abbondanza di bene, può deludere l’attesa di Dio.
La domanda del vignaiolo: Che cosa dovevo fare ancora che io non abbia fatto? è la stessa domanda di Dio e il cantico termina col fatto che Dio abbandona la sua vigna al saccheggio cioè egli ripudia la sposa. Ecco allora inserirsi le parole del salmista: Dio degli eserciti ritorna, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna… Tutte espressioni che invocano e supplicano il ritorno di Dio. E la nostra preghiera si trasforma in un grido di aiuto: Rialzaci Signore, mostraci il tuo volto e noi saremo salvi. Finché ci riconosceremo bisognosi della sua misericordia e finché portiamo nel cuore il desiderio e la ricerca del «volto di Dio», rimane aperta la via della salvezza. Via che il Signore Gesù morendo sulla croce ci ha aperto. Infatti la parabola che Gesù racconta, a differenza del cantico di Isaia, non termina con l’abbandono da parte del Padrone della vigna ma con una promessa: la consegna della vigna ad altri servi in quanto i primi da servi si sono dimostrati padroni.
Il Signore ha dato una vigna da lavorare e a suo tempo viene a chiedere i frutti, viene a vedere che frutti ha dato la vita dei suoi servi. Così viene a noi a vedere che frutti dà la nostra vita, non chiede il conto del suo dono, viene a dimostrare che ogni vigna può dare frutto, a qualsiasi età, in ogni persona. I contadini hanno paura del padrone come spesso noi di Dio. Cadiamo quindi nell’inganno che qualcuno ci voglia strappare qualcosa di nostro per cui non ci resta che difenderci e agire con violenza. Dio capisce questo inganno e per disattivarlo manda il Figlio che è disposto a lasciarsi uccidere da questa logica violenta inserendo l’amore.
Questa è la caratteristica stessa del regno di Dio quella di vivere all’interno delle difficoltà. Eppure, pur in una apparente fragilità, nulla arresta l’amore di Dio per le sue creature, neppure l’uccisione del suo Figlio, anzi proprio questo sacrificio fa giungere a tutti la salvezza. Gesù e i suoi discepoli sono la pietra d’inciampo agli occhi di coloro che non comprendono, la pietra che i costruttori scartano; ma, nel momento stesso in cui è scartata, essa diviene pietra d’angolo sulla quale Dio costruirà la sua Chiesa (cfr. Mt 21,33-43).
Stare con Gesù per continuare la sua missione di edificazione significa lottare continuamente con le forze del male che tentano di insidiare e distruggere ogni forma di bene. Anche noi, allora, impariamo a leggere il cammino della Chiesa con realismo, nella consapevolezza che seguire le «sue» orme significa sperimentare la contestazione e diventare capaci di sopportare le difficoltà.