Abbiamo iniziato il cammino quaresimale con il segno penitenziale delle ceneri, ora nella Notte di Pasqua troviamo il grande segno del fuoco.
Generalmente si passa dal fuoco alla cenere, ciò che brucia diventa cenere, la Chiesa invece, ci fa fare il cammino inverso per dirci che dalla morte si passa alla vita. Il fuoco infatti in tutte le culture è simbolo di vita, dona luce e calore.
La liturgia della Veglia Pasquale inizia al buio, simbolo delle tenebre e della morte, ma in queste tenebre irrompe la luce di Cristo: Lumen Christi dice infatti il sacerdote portando il cero pasquale simbolo di Cristo, Signore della vita e della morte. Nella Notte Santa, “notte di veglia per il Signore che non abbandona i suoi fedeli nel sepolcro”, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello – ci dice la sequenza del giorno di Pasqua – il Signore della vita era morto, ma ora trionfa. E il segno della sua Resurrezione è il sepolcro vuoto, l’unico sepolcro vuoto di tutta la terra perché la terra custodisce gelosamente i suoi morti, ma una sola tomba è vuota, promessa di liberazione: la tomba di Gesù perché la morte è stata ingoiata dalla vita. Ecco ciò che videro i primi testimoni: Maria, Giovanni e Pietro: videro la tomba del Cristo vivente, il sudario e le sue vesti. Videro e credettero che Cristo è risorto.
Dal buio della morte e della notte,simbolo di tutte le morti, si passa alla luce sfolgorante della vita nuova.
Ma dov’è Gesù?
Essi sanno ora che è risorto, ma nessuno di loro l’ha visto, l’ha incontrato. La sequenza ce lo rivela: precede i suoi in Galilea.
Per poterlo vedere, per fare esperienza del Dio vivente, i discepoli non possono restare a Gerusalemme devono tornare in Galilea: “Che vadano in Galilea, lì mi vedranno”.
La Galilea rappresenta il luogo della vita normale dove Gesù ha vissuto nel nascondimento e dove ha iniziato la sua rivelazione, dove ha operato segni e prodigi, dove ha costituito i Dodici e dove essi hanno imparato ad essere discepoli dietro a Gesù. Questo invito del Risorto è importante perché è lì che i discepoli lo potranno vedere e incontrare. E’ in quella vita ordinaria della crescita personale e comunitaria che potranno passare dal “sapere che è Risorto” all’”incontrare il Risorto”.
Esiste dunque un solo luogo in cui si può essere discepoli di Gesù e testimoni della Resurrezione, un solo luogo in cui si può essere salvati: la vita reale, la vita di tutti i giorni.
«Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. “Andare in Galilea” significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. E’ da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.» (Papa Francesco, Omelia 19 aprile 2014)
Sorelle Clarisse
Monastero S. Micheletto
