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XXVII Domenica T. O. Anno B

Pubblicato su 4 Ottobre 2018 di Sorelle Clarisse

Il brano evangelico di questa Domenica ci presenta una delle tante dispute con i farisei. Infatti “si avvicinarono a Lui per metterlo alla prova”.

L’oggetto di tale discussione riguarda la liceità o meno del ripudio della moglie. Tema scottante al tempo di Gesù. Gesù non si lascia trarre in inganno e rimanda i suoi interlocutori alla Legge: “Cosa vi ha ordinato Mosè?” e soprattutto al progetto di Dio sul matrimonio rifacendosi al testo fondamentale della creazione presentatoci dalla prima lettura «dove appare un mirabile ritratto della coppia con dettagli luminosi. Ne scegliamo solo due. Il primo  è l’inquietudine dell’uomo che cerca  un aiuto che gli corrisponda, capace di risolvere quella solitudine che lo disturba e che non è placata dalla vicinanza degli animali e di tutto il creato. L’espressione originaria ebraica ci rimanda a una relazione diretta, quasi “frontale” – gli occhi negli occhi – in un dialogo anche tacito, perché nell’amore i silenzi sono  spesso più eloquenti delle parole. E’ l’incontro con un volto, un “tu” che riflette l’amore divino ed è il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d’appoggio» (AL 1,12).

Infatti, la donna è tratta dall’uomo, non è quindi una creatura posta, come le altre, sotto il suo dominio, egli la riconosce parte di sé: “questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia carne”. E’ il grido di gioia e di ammirazione che esce dalla bocca dell’uomo quando si trova di fronte alla sua compagna, essa è il suo completamento. In presenza della donna, l’uomo scopre se stesso come “essere in relazione”. Infatti «da questo incontro tra l’uomo e la donna sorgono la generazione e la famiglia. Adamo che è anche l’uomo di tutti i tempi e di tutte le regioni del nostro pianeta, insieme con sua moglie dà origine a una nuova famiglia, come ripete Gesù citando la Genesi: “si unirà a sua moglie  e i due saranno una sola carne”. Il verbo “unirsi” nell’originale ebraico indica una stretta sintonia, un’adesione fisica e interiore, fino al punto che si utilizza per descrivere l’unione con Dio Si evoca l’unione matrimoniale non solo nella sua donazione corporea, ma anche nella sua donazione volontaria d’amore. Il frutto di questa unione è “diventare una sola carne” sia nell’abbraccio fisico, sia nell’unione dei due cuori e della vita e, forse, nel figlio che nascerà dai due, il quale, porterà in sé, unendole, sia geneticamente sia spiritualmente le due “carni”». (AL 1, 13)

L’origine dunque del matrimonio tra uomo e donna va ricercata nell’obbedienza al volere divino. Gesù conclude questa disputa con i farisei affermando: l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

L’uomo nella sua complementarietà di maschio e femmina che ha ritrovato il suo cuore di carne può cantare con il salmista: ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita. Il salmo infatti canta la gioia della benedizione e della vicinanza di Dio a colui che teme il Signore e la benedizione di Dio si concretizza nella fecondità familiare: i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa…; possa tu vedere i figli dei tuoi figli.

La seconda lettura tratta dalla lettera agli Ebrei ha dei punti di collegamento anche se indiretti, con le altre due letture. Come nel vangelo di Marco e nel brano della Genesi si afferma una profonda identità, sia pure nella diversità, tra uomo e donna, così nell’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo si viene a creare, per partecipazione, una identità simile tra Gesù Cristo e l’umanità: «Colui che santifica (Gesù) e coloro che sono santificati (noi) provengono tutti da una stessa origine (Dio); per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

Gesù Cristo, incarnandosi, facendosi solidale con gli uomini e salendo al cielo, ha colmato l’abisso che a causa del peccato si era formato tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo.

 

 

Sorelle Clarisse

Monastero S. Micheletto

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