Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». (Gv 14,1-4)
Il Vangelo di questa domenica inizia a riportare l’ultimo saluto di Gesù ai suoi discepoli. Pare in contrasto con il clima festoso della Pasqua, perché si tratta di un addio, un estremo distacco tra chi parte e chi resta. Qualcosa che provocherà una crisi nella comunità, un “turbamento” appunto. Gesù non lo nega, né lo rimprovera, ma lo affronta con realismo: dolore, ansia, paura per il futuro, inevitabilmente abitano il cuore di chi si prepara a un distacco, a un nuovo passaggio. Li consola con le sue parole e promette che la sua partenza è per loro, per rimanere in relazione, non per troncarla: «Dove vado c’è posto per tutti! Vado lì dove arriverete anche voi…». Questa, forse, è la fede: saper vedere nella dipartita e nel vuoto un’occasione di rinascita: non finisce tutto con la sua salita al Padre, anzi, qualcosa di nuovo inizio. Ci prederà con sé e ci darà la possibilità di rimanere con Lui, già in questa vita: ci aspetta infatti una nuova, diversa accoglienza, l’accorgersi della Sua amorevole Presenza in un modo inatteso e inedito. Continuando infatti, Gesù parlerà dell’invio dello Spirito Santo, colui che rende presente in noi lo spirito di Gesù, la sua persona. Colui che ci permette di prendere coscienza di avere un Cielo dentro di noi, in cui abita Dio. Non a caso Santa Teresa di Gesù cita queste parole del Vangelo volendo descrivere la nostra interiorità: «Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono in cielo.» (1M 1,1) e incoraggia a crederlo, ad avere fede nella meravigliosa realtà che siamo, quando riconosciamo l’amore e la premura che il Signore ha per noi. Questa è la verità di noi stessi: possiamo farne esperienza concreta ogni giorno mettendoci alla scuola dell’attenzione, del Vangelo, della preghiera.
È significativo che Gesù parli di “casa del Padre”: sapere di avere una casa rassicura tutti, infonde la fiducia per affrontare una partenza, un’uscita da consuetudini e certezze, una novità, che attira, ma fa anche paura. La metafora della casa indica un contesto di riparo e protezione, uno spazio accogliente e confortevole in cui rientrare, evoca una serie di risonanze affettive: calore, intimità amicizia, amore, sicurezza, ricordi, fedeltà. Un luogo che rimanda alla necessità di rimanere, stabilmente ancorati e radicati, ma è anche riferimento ad un movimento continuo: entrare, uscire, partenza e ritorno, separazione e incontro. In tale movimento non riusciamo spesso a trovare il necessario punto di riferimento. Gesù ci indica questa via: lui stesso è la Presenza che tiene uniti i paradossi della vita, le inevitabili opposizioni che la rendono vera, intensa e bella!