La liturgia di oggi ci richiama ad un aspetto fondamentale della vita cristiana: quello della conversione e dell’accoglienza della Parola di Dio come norma della nostra vita.
I comandamenti non sono non sono semplici parole, leggi da applicare: ad essi deve corrispondere il cambiamento del cuore, l’amore per Dio ed i fratelli.
E’ il Signore stesso che viene a cercarci: “Io sono il Signore tuo Dio”, e attraverso la sua Parola ci indica il modo, lo stile di vita da assumere per vivere in comunione con Lui. In questa ottica dobbiamo leggere il Decalogo (1 Lett.): ai piedi del Sinai il popolo di Israele, liberato dalla schiavitù dell’Egitto, viene costituito popolo di Dio, riceve le tavole della Legge, patto di alleanza con il Signore, segno della sua appartenenza a Lui. Il dono delle Dieci Parole viene vissuto da Israele come un evento poiché è proclamazione del suo essere popolo eletto, separato dagli altri popoli, santo. E’ la proposta di Dio e la risposta dell’uomo articolata su due direttrici: una verticale, che regola il rapporto dell’uomo con il Signore (“Non avrai altri dei di fronte a me…non li servirai…”), l’altra orizzontale che regola i rapporti tra uomo e uomo (“Non ucciderai,… non ruberai…”) e gli aspetti della vita quotidiana come il lavoro (“Sei giorni lavorerai… ma il settimo giorno è il sabato”) e la famiglia (“Onora tuo padre e tua madre …, non commetterai adulterio”).
La Legge di Dio è “ il comando limpido che rende saggio il semplice e dona gioia al cuore”, non dato per imporre divieti e limitare la libertà dell’uomo ma per garantirla, per far sì che la creatura si mantenga in rapporto con il suo Creatore e viva ogni giorno scegliendo il bene, ciò che dona vita vera.
I dieci comandamenti ci interpellano oggi sulla nostra vita, sul nostro rapporto con Dio, con gli altri uomini, il creato; essi sono il ritratto del credente portato a compimento da Gesù Cristo. E’ in Lui che la Legge mosaica si realizza pienamente: Cristo crocifisso, scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani, ci rivela il volto dell’Amore manifestando la forza salvifica e la sapienza di Dio nell’atto supremo della sua Passione, morte e Risurrezione. Una logica diversa dalla nostra, che appare ai nostri occhi come debolezza e sofferenza e basta, ma che è il realtà forza di un amore totale e gratuito per ogni uomo fino alle estreme conseguenze, un amore che chiede di essere accolto e ci domanda di divenire anche noi dono di amore per altri.
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, chiunque crede in Lui ha la vita eterna”: queste parole ci introducono al Vangelo nel quale scorgiamo Gesù che compie un gesto ai nostri occhi forse un po’ insolito, ma che ha un significato messianico e profetico. Nella cacciata dei venditori e purificazione del tempio, il Signore ci riporta al significato vero del tempio stesso: esso è la casa del Padre, il luogo privilegiato di incontro tra Dio e l’uomo. La purificazione del tempio ci richiama alla purità del culto, alla trasparenza del cuore, ad un rapporto diretto e sincero con il Padre, ad una preghiera non fatta solo di segni esteriori, ma soprattutto di ascolto e amore. Davanti alla richiesta dei capi dell’autorità religiosa che chiedevano a Gesù un segno che giustificasse il suo atteggiamento e le sue parole, Egli afferma: “distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”, poiché è Lui il nuovo e vero tempio, in Lui si incontra la nostra fragile umanità con la divinità, attraverso il volto di Gesù scopriamo quello del Padre, i suoi sentimenti di misericordia e perdono; in Cristo anche noi diveniamo tempio di Dio capaci di accogliere il suo Spirito, la sua Parola, il suo esempio.
Sorelle Clarisse. Monastero San Micheletto.