Accompagnando Gesù nel suo ministero, in queste domeniche secondo la narrazione di Matteo, giungiamo ora ad uno spartiacque: l’episodio della professione di fede di Pietro.
Il gruppo dei discepoli arriva a Cesarea di Filippo: Gesù è stanco, forse deluso dai fallimenti tra i “figli” il popolo di Israele cui, come pensava, era rivolta la sua missione. Farisei e scribi continuano a porgli domande provocatorie che dimostrano un’assoluta incomprensione e chiusura alla sua persona. Deve rimproverare i discepoli, Pietro in testa, per la loro fede piccola, povera: ancora non sono entrati nella logica del Padre, ancora non si abbandonano a Lui, ma sono preoccupati del loro futuro, cercano strade per garantirselo. E probabilmente anche Gesù, che ha esultato per la rivelazione dei misteri del Regno concessa ai piccoli (Mt 11, 25-27), ora, da vero povero in spirito, si interroga sul perché del rifiuto della sua Parola, dell’opposizione sempre più forte che sta incontrando. Percepiamo il subbuglio del suo cuore anche nell’incontro con la donna Cananea: «Qual è la mia missione? Forse le contrarietà incontrate nel mio popolo sono il segno che il Regno deve essere annunciato anche ai pagani? Cosa vuole dirmi il Padre attraverso questa donna insistente?». Dapprima è duro, il Signore, poi si scioglie in una lode sperticata, ancora l’esultanza del cuore davanti ai piccolo del Regno: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». Attraverso le vicende della vita, gli incontri significativi, trova la strada, si sciolgono i dubbi ed è confermato nell’inspiegabile amore del Padre.
A Cesarea, dopo l’ennesima delusione con i discepoli, pone ancora, questa volta a voce alta, l’interrogativo sulla sua identità: «La gente chi dice che io sia?». Ha bisogno, il Signore, come tutti noi, di essere riconosciuto, di ricevere la sua identità da un altro, da chi gli sta di fronte. Come lo sentiamo vicino! Quante volte anche noi ci siamo chiesti: «Chi sono io, in verità?».
Da Pietro, uomo di piccola, poca fede, che affonda perché non guarda Gesù, ma le sue paure, che tra qualche istante sarà chiamato dal Maestro, Satana, perché ancora non ha capito come funziona il Regno, Gesù si sente riconosciuto e finalmente confermato: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente».
Un fratello limitato come gli altri, più degli altri, umile pescatore di Gallilea, ha il potere di consolare il Figlio di Dio, di far svanire ogni dubbio, di dargli la forza per intraprendere il cammino verso la Croce: da questo momento infatti si mostrerà più consapevole della sua chiamata a essere un nuovo “Servo sofferente”, del mondo con cui dovrà donare tutto se stesso per la salvezza dell’uomo.
Gesù lo chiama “beato”, perché, per un attimo, ha lasciato che lo Spirito parlasse al suo cuore, si è fatto piccolo, affidando a Dio la sua povertà, la sua poca fede, non presumendo di conoscere, secondo “carne e sangue”, la risposta, ma attendendola per rivelazione, per dono di Dio. Ha potuto così scoprire nell’estrema povertà del suo Maestro, nel suo svuotarsi totalmente per fare spazio all’azione del Padre, nel suo momento di confusione, la rivelazione di un Dio che si umilia per amore.
E Gesù, cui non piace etichettare a vita un fratello, ma ama dimenticare le delusioni, riconosce il passaggio della grazia nella fragilità di Pietro, ritrova in lui il caratteristico modo di agire del Padre, che si serve della piccolezza, accolta con amore, per i suoi miracoli, per far risplendere la potenza del suo amore gratuito. Il suo cuore esulta nuovamente e scorge in Pietro la possibilità di confermare nella fede i suoi fratelli, come ha sostenuto Lui per opera del Padre: se saprà fare della sua povertà il luogo della rivelazione di Dio e saprà riconoscere i Suoi passaggi nella povertà del cuore di chi gli sta di fronte. La fragilità, la paura, la ritirata innanzi a Lui (quante fughe vergognose incontrerà ancora il faticoso discepolato di Pietro!), non sono un ostacolo alla grazia se trasformate in desiderio e grido, in riconoscimento del bisogno di aiuto che abbiamo: da soli non possiamo davvero nulla. E Gesù ci è maestro anche in questo: nel chiedere aiuto! Meraviglia di un riconoscimento reciproco che caratterizza ogni relazione autentica e in particolare quella tra Dio e l’uomo!
L’autorità di Pietro si accompagnerà sempre alla sua costitutiva fragilità, perché anche lui, come il suo Signore, e in forza del suo nuovo nome, è “pietra scartata dai costruttori, divenuta pietra angolare” (Sl 117,22-23) , ma, qualora dimenticasse che questa è opera esclusivamente divina, affonderebbe nella contraddittorietà, rischiando di trascinarvi anche la barca della Chiesa affidata alla sua custodia…L’esperienza della propria debolezza lo aiuterà invece a fare dell’esercizio dell’autorità, non un luogo di potere, ma la narrazione della misericordia di Dio.
Monache Carmelitane Scalze di Monte San Quirico