La liturgia di questa domenica sviluppa il tema della risposta di Dio di fronte ad ogni forma di esclusione. L’esistenza cristiana è il riflesso dell’appello di Dio alla salvezza e alla pienezza di vita, che si manifesta come occasione offerta gratuitamente nei confronti dell’uomo, in qualsiasi situazione egli si trovi. Nella prima lettura il Signore rassicura la categoria degli esclusi che sono gli stranieri. La diversità culturale non costituisce agli occhi di Dio un motivo di disprezzo e di sospetto. Dio stesso interviene manifestando la sua predilezione per i poveri e gli esclusi. Nella seconda lettura s. Paolo riflettendo sul mistero della storia della salvezza prende atto dell’apertura universale a tutte le genti della misericordia di Dio. L’apostolo richiama con forza la vocazione sacerdotale del popolo eletto e invita i cristiani a non chiudere le porte agli ebrei. Nel Vangelo la donna cananea, determinata a rischiare per ottenere la guarigione della figlia, non esita, con costanza e tenacia, a sfidare l’apparante ineluttabilità di un rifiuto. L’invocazione della cananea è certamente mossa dalla dolorosa situazione della figlia e tale grande dolore le fa superare diverse barriere: è una donna sola che insegue un gruppo di uomini, è una cananea che si rivolge a degli ebrei, è una pagana che supplica un maestro di un’altra religione. Perché si rivolge a Gesù? Perché lo chiama Signore, figlio di Davide? (Mt 15, 22). Usando un tipico appellativo messianico (figlio di Davide) comprendiamo che ella si appoggia sulla testimonianza di altri e non si rivolge a un qualsiasi guaritore famoso, ma si relaziona con lui in atteggiamento di fede messianica e si affida a colui che dovrebbe compiere le promesse divine. Di fronte al rifiuto di Gesù la donna non si scoraggia; anzi si avvicina ancora di più e compie un atto di adorazione davanti a Gesù rinnovando la sua supplica: “Signore, aiutami” (v. 25). L’atteggiamento di quella donna è segno autentico di fede, come relazione forte e personale con il Signore Gesù, come abbandono fiducioso in lui e superamento del proprio orgoglio, come capacità di accettare il posto sotto la tavola per essere con lui e cibarsi delle sue briciole. Gesù si ‘arrende’ di fronte alla fede della donna e concede il miracolo con un commento ammirato: “Donna, grande è la tua fede!”. E’ questa l’unica volta in cui viene qualificata grande la fede di qualcuno. In questo brano emerge la grande forza della preghiera e dell’invocazione che riecheggia il “chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto” come atteggiamento confidente necessario verso Dio. Questa donna sembra imporsi a Gesù, lo impegna in una discussione. Ella riconosce la radicale differenza tra i figli e i cagnolini, tra il popolo eletto e i pagani. Ella fa leva sul donatore Gesù attraverso la metafora della gratuità della mensa dovuta alla generosità del padrone. Quella ottiene non solo il miracolo della guarigione, ma apre la prospettiva del riconoscimento di una fede possibile al di là di ogni appartenenza religiosa. Come i discepoli sul monte dell’ascensione ella si prostra, riconosce Gesù come interlocutore degno di fede, lo riconosce Signore e si apre al dialogo con lui. Questa madre sa trovare gesti e parole che ‘provocano’ Dio e frantumano l’idea di un Dio esclusivo del popolo di Israele. Gli osservanti farisei del brano evangelico di domenica scorsa rappresentano la perfetta religiosità giudaica, chiusa nel proprio orgoglio che osserva con rigore tutte le norme; di loro Gesù dice ipocriti. Per trovare una fede grande deve andare all’estero, in terra straniera, in mezzo ai popoli pagani, nel cuore di una donna. La risposta di Gesù “Avvenga per te come desideri” compie il desiderio della donna riconoscendo che il suo modo di rapportarsi a lui era corretto. Questa donna esprime davvero un atteggiamento filiale, di dipendenza e fiducia, ma anche di affetto e costanza; incarna la spiritualità dei poveri del Signore che si rivolgono a lui per ottenere misericordia. Rischia tutta se stessa per la figlia, si affida con fiducia estrema, reclama una giustizia superiore che offre il pane sia ai figli sia ai cani.