Il centro delle letture di questa domenica è la preghiera e soprattutto l’insistenza della preghiera.
Nella prima lettura Mosè ci viene presentato come il grande intercessore a vantaggio del suo popolo: se lui smette di pregare, il popolo perde la battaglia contro i nemici, se invece tiene le mani alzate verso Dio il popolo vince. Così quel giorno con un piccolo stratagemma Mosè stette con le mani alzate verso Dio fino al tramonto del sole intercedendo per il suo popolo e Giosuè potè sconfiggere Amalèk e il suo popolo.
Ma chiediamoci: chi dei due ha combattuto la battaglia, Giosuè che era sul campo a combattere o Mosè sul monte a pregare?
Entrambi perché dietro ogni nostra azione c’è sempre qualcuno che in silenzio, in modo nascosto e a noi certe volte misterioso, sta con le mani alzate verso Dio e prega per noi; ma anche chi prega per noi ha bisogno, a sua volta, di essere sostenuto come Mosè che viene aiutato da Aronne e Cur a tenere per tutto il giorno le mani alzate verso Dio che egli sentiva pesare. E’ il peso della preghiera, il peso delle varie situazioni per questo l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati ci invita “a portate i pesi gli uni degli altri,” (6,2) cioè a sostenersi a vicenda.
Anche la pericope evangelica ci presenta un insegnamento di Gesù sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi mai. E’ “il coraggio di insistere con il Signore se si vuole ottenere qualcosa da Dio attraverso una preghiera insistente e convinta, fatta di poche parole” (cfr omelia di Papa Francesco 1° luglio 2013) come fa la vedova nei confronti del giudice. La vedova ottiene ciò che vuole per la sua insistenza e il suo coraggio anche se il giudice le fa giustizia solo perché non vada più ad importunarlo. Dio verso di noi si comporta proprio così: non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? A differenza del giudice che fa giustizia alla vedova per stare in pace, Dio ci fa giustizia perché ci ama: ai suoi eletti.
Eppure, malgrado la nostra preghiera insistente e la giustizia ottenuta Gesù ci ammonisce: ma il Figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?
Possiamo considerare la preghiera come il battito della nostra fede nel senso che la fede ha bisogno della preghiera per vivere. E’ l’esortazione che San Paolo fa a Timoteo nella seconda lettura: rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede.
Inoltre la preghiera è il fondamento di ogni missione, essa è il terreno buono che porta frutto (la missione). Per questo san Paolo alla fine della seconda lettura, dopo aver esortato Timoteo alla preghiera lo invita alla missione: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.
Sorelle Clarisse
Monastero S. Micheletto