La liturgia di questa domenica ci chiede di soffermarci a riflettere sull’amore.
“Il termine ‘amore’ è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate, alla quale annettiamo accezioni del tutto differenti…si parla di amor di patria, di amore per la professione, di amore tra amici, di amore per il lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e familiari, dell’amore per il prossimo e dell’amore per Dio” (BenedettoXVI Deus caritas est 2).
Leggendo il brano del Vangelo che oggi è proposto ci è subito chiaro di quale tipo di amore si parla: “Come il Padre ha amato me (Gesù), così anch’io ho amato voi” (Gv 15, 9).
E’ un amore di natura discendente che ha la sua fonte e la sua origine nel Padre, che ama Gesù; il Figlio l’ha poi donato ai discepoli, a noi che abbiamo il compito di rimanere in questo amore (Gv 15, 9). Vediamo l’amore del Padre per il Figlio suo Gesù, poi l’amore di Gesù per gli uomini e discendendo ancora l’amore degli uomini tra di loro.
E’ questo un amore evangelico che fugge dal ricercare qualcosa per sé che diventa egoismo, ma è invece tutto centrato nel dare, nel dono. La sua legge fondamentale è: come io ho amato te così tu ama il tuo fratello. In questa maniera l’amore non ristagna, ma circola, non è soltanto un contraccambio, ma un dono che si mantiene tale trasmettendolo, come l’acqua che resta viva scorrendo.
Qui si inserisce il comandamento di Gesù “Amatevi gli uni gli altri” (Gv 15, 12) ribadito anche dall’ammonizione della prima lettera di S. Giovanni 4, 7 “Amiamoci gli uni gli altri” (seconda lettura). E’ questo l’ultimo passo dell’amore che parte da Dio Padre, discende fino a noi che lo riceviamo e si estende ai fratelli. Se non accade questo la lunga catena che discende dal Padre resta come sospesa nel vuoto; l’amore ci arriva vicino ma non ci tocca e rimaniamo fuori del suo flusso. Certamente l’ ‘amatevi gli uni gli altri’ attinge la sua forza dal ‘come io vi ho amati’. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4, 19) come dire: siamo amati ed è per questo che siamo capaci di amare. “L’amore può essere ‘comandato’ perché prima è donato” (Deus caritas est 14).
Anche i piccoli- grandi fatti del quotidiano ce lo possono dimostrare. Solo chi ha sperimentato l’amore è capace di aprirsi ad esso, di non aver paura di amare; mentre chi ha sofferto carenza di affetto è spesso chiuso e diffidente.
Dobbiamo accogliere senza riserve l’amore del Padre che ci arriva attraverso Gesù e farci canali in cui l’acqua dello Spirito Santo scorre verso i fratelli senza trovare impedimenti. Così magari qualcuno che è lontano da Dio saprà che c’è un Dio che lo cerca e lo perdona se c’è un fratello che lo cerca, si interessa di lui e lo perdona. Un anziano, un ammalato scoprirà che c’è in Padre se vede un fratello che si accosta a lui e in nome di Cristo divide con lui il suo pane e prende per sé un po’ della sua tristezza.
Dio ci ha fatti solidali e responsabili gli uni degli altri e vuole che chi ha fatto l’esperienza di essere amato da Dio cerchi di portare altri a fare la stessa esperienza per diventare una comunità di fratelli in cui l’amore di Dio spinge alla condivisione di tutto ciò che si ha e si è.
Sorelle Clarisse Monastero S. Micheletto
