La festa di Pentecoste offre alla Chiesa l’occasione per riflettere sullo Spirito Santo e su come egli la anima e la conduce. Lo Spirito Santo è una presenza forte, ma discreta e silenziosa di cui è facile non accorgersi. Nel brano del vangelo Gesù promette la venuta del Paràclito che egli manderà dal Padre (Gv 15, 26).
I discepoli hanno bisogno di un avvocato che starà stabilmente dalla loro parte, non li abbandonerà mai, chiamato sempre in causa dalla preghiera di Gesù e dalla missione affidata dal Padre. Lo Spirito Santo, promesso dal Figlio e inviato dal Padre diventa l’architetto che progetta la Chiesa come dimora di Dio e degli uomini. Lo Spirito Santo insegna la parola di Gesù e la traduce in gesti di comunione e di accoglienza, di servizio e di amicizia. Sarà Lui a dirimere le cause più difficili di incomprensione e ostilità tra gli stessi discepoli. Sarà il pastore che li manterrà uniti e li guiderà nel dinamismo del comandamento nuovo. Sarà Lui il custode dell’amore autentico che solo Dio può offrire alla comunità attraverso il dono del suo Figlio. Insegnerà il valore della gratuità e della scelta di perdere la vita per amore dei fratelli. Lo Spirito dell’amore sarà per i discepoli la forza che si oppone all’odio del mondo, alla violenza del potere, alla tentazione della sopraffazione nei confronti dei più deboli. Con lo Spirito Santo i discepoli avranno l’aiuto necessario per affrontare gli attacchi delle tenebre del mondo e per rifiutare l’arma della vendetta. Lo Spirito svolgerà la funzione di maestro e guiderà sempre alla verità di Gesù, suggerirà la strada da seguire per rimanere fedeli al Signore. Il racconto della Pentecoste è riportato dalla prima lettura. Lo Spirito Santo, dolcissimo sollievo, è il grande dono di Dio per noi: è la sua vicinanza che trasforma la vita perché le dà il carattere profondo dell’amore. Tutto il brano (At 2, 1-11) è pervaso da un senso di completezza: gli apostoli al completo, il tempo che è arrivato al suo compimento, lo Spirito che riempie il luogo e le persone che vi si trovano, tutte le nazioni del mondo che si ritrovano a Gerusalemme in occasione della Pentecoste. Come il tempo della mietitura, che dava in origine avvio alla festa delle Settimane faceva gustare il frutto del raccolto ormai maturo, così il dono dello Spirito Santo dice che è ormai arrivato il tempo in cui tutti sono raggiunti dall’amore e la Chiesa può iniziare la sua missione nel mondo. L’evento della Pentecoste viene raccontato attraverso i simboli teofanici del vento e del fuoco. Tutti sono pervasi da una condizione nuova di ebbrezza e di gioia, avvertita dai presenti come un’ubriacatura. In realtà è un’irruzione di Dio nella vita dell’ uomo. Il vento dello Spirito è alito di vita, soffio della presenza di Dio. Il fuoco ravviva la fiamma dell’amore e rende docili alla voce di Dio. Gli apostoli si sentono intimamente trasformati da questa forte esperienza dello Spirito e sono inebriati dalla sua abbondanza e dalla sua dolcezza. Essi comunicano le meraviglie di Dio che stanno assaporando e trasmettono pace e gioia a mondo intero in ascolto. La seconda lettura ci chiede di camminare secondo lo Spirito e così far germogliare i suoi frutti nella terra della nostra umanità. Lo Spirito è donato perché trasformi la vita facendola passare da ‘carnale’ a ‘spirituale’. S. Paolo pone in antitesi i desideri della carne con i desideri dello Spirito e descrive rispettivamente le opere della carne e quelle dello Spirito. Nel testo troviamo “il frutto” dello Spirito, al singolare, quasi ad affermare che la vita secondo lo Spirito è un atteggiamento unitario e coerente, in cui tutto deriva dall’unica radice della carità, mentre la vita secondo la carne è caratterizzata da una molteplicità caotica di vizi. Il frutto dello Spirito: amore, gioia, pace… sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la libertà. Sono i prodotti che la terra della nostra libertà produce quando accoglie la rugiada dello Spirito. Lo Spirito Santo è la linfa grazie alla quale i discepolo portano molto frutto. Un antico autore spirituale dice che “Cristo coltiva l’anima perché produca i buoni frutti dello Spirito. Con lo strumento della croce egli dissodò l’anima arida e incolta e piantò in essa il giardino amenissimo dello Spirito che produce ogni genere di frutti soavi e squisiti per Dio” (Omelie spirituali attribuite a Macario).
Sorelle Clarisse S. Micheletto
