La liturgia di questa domenica ci offre un contenuto molto semplice che si riduce ai due comandamenti, amore di Dio e amore del prossimo. La questione è posta da un dottore della legge che interroga Gesù. La legge di Mosè si era andata gonfiando di precetti, spiegazioni, reinterpretazioni e veniva spontaneo chiedersi che cosa costituiva l’essenziale tra tante regole. La risposta di Gesù non si propone per offrire una scala di valori o un codice, adempiuto il quale l’uomo può stare tranquillo, sicuro della sua salvezza, ma piuttosto per portare l’uomo alla radice e all’essenza di ogni esperienza religiosa, per dare un’impostazione radicale sotto la quale vivere ogni gesto, ogni impegno e ogni risposta. L’insegnamento di Gesù rappresenta la saldatura definitiva tra l’amore di Dio e quello del prossimo, anzi egli indica nell’amore verso il prossimo il banco di prova e la verifica dell’amore verso Dio.
La prima lettura tratta dal Deuteronomio costituisce la professione di fede fondamentale di Israele: “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore…” (Dt 6, 4ss) che afferma il primato di Dio nella vita del credente. Lo Shemah stabilisce una unione molto profonda fra l’ascolto e l’amore di Dio: Ascolta, Israele… amerai… La condizione perché sia possibile un vero ascolto della Parola è l’amore fiducioso verso colui che attraverso di essa parla al cuore. Senza questa fede, senza l’amore radicale per Dio, il cuore resta chiuso all’ascolto della sua voce. Il centro di tutta la teologia biblica dell’ascolto, che sta alla base della nascita di Israele come popolo, è che il vero ascolto deve essere ‘con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza’ (v. 5). L’esegesi giudaica si è chiesta: se si ama già con ‘tutto il cuore’ perché aggiungere ‘con tutta l’anima, con tutta la forza’? La precisazione ‘con tutta l’anima’ significa: perfino se Jhwh ti strappa l’anima, cioè fino al martirio; mentre l’aggiunta ‘con tutta la forza’ significa: con tutti i tuoi beni. Cioè: si deve amare Dio non solo con tutto il proprio essere (cuore), ma anche con i propri beni materiali (forza) fino al dono totale della vita (anima). Quindi coloro che non sanno ascoltare la parola di Dio sono esattamente quelli che secondo l’esegesi giudaica dello Shemah, non sanno amare Dio anche di fronte alla sofferenza e al martirio disposti a perdere anche tutte le proprie ricchezze. Ascoltare impegna la nostra fiducia: soltanto riconoscendo valido chi ci propone un messaggio, possiamo accogliere quel contenuto. L’ascolto del Signore è così impegnativo da condurci al dono di noi stessi per gli altri. Ascolto e amore vanno di pari passo. E’ così anche nella nostra esperienza umana quando diamo ascolto alle persone che amiamo e per amore impegnamo la nostra vita accogliendo le loro richieste.
L’annuncio della pagina evangelica è semplice e chiaro: l’amore per l’uomo è legato all’amore per Dio perché è da lui che si impara come amare. Non si può parlare di amore di Dio se non si ama il fratello con il quale si è gomito a gomito, anzi l’amore verso il fratello è il termometro che misura e verifica l’autenticità del nostro amore per Dio. L’amore che dobbiamo a Dio e che proviene da Dio è il principio di ogni giustizia delle cose e di ogni giustizia fra gli uomini. Amore di Dio significa rispetto per la signoria di Dio e significa passione per il rispetto e la giustizia che dobbiamo agli altri. Per questo il secondo comandamento è ‘simile’ al primo. L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono le due facce dell’identica passione per l’unico Dio.
Sorelle Clarisse S. Micheletto