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commento alle letture XXIX domenica del tempo ordinario

Pubblicato su 16 Ottobre 2015 di Sorelle Clarisse

Per comprendere il brano evangelico di questa Domenica dobbiamo leggere alcuni versetti prima in cui Gesù per la terza volta annuncia ai suoi discepoli ciò che gli succederà quando giungerà a Gerusalemme. Gesù e i discepoli stanno camminando verso Gerusalemme e per via Gesù annunzia loro la sua passione, morte e resurrezione. I discepoli, però, non capiscono.
Oggi ci viene presentata proprio l’incomprensione dei discepoli dopo il terzo annunzio della passione. In primo piano ci sono Giacomo e Giovanni che vogliono piegare Gesù alla loro richiesta. Gesù rispondendo loro con una domanda sembra voler assecondare la loro richiesta, ma quando ancora una volta sente parlare di potere: “uno alla tua destra e uno alla tua sinistra” è costretto a raddrizzare la loro domanda: “non sapete quello che chiedete”: accettare di bere lo stesso calice e accogliere lo stesso battesimo del Maestro, il suo stesso martirio. Ed essi, con la loro risposta, manifestano la disponibilità alla condivisione della sorte del Maestro. Però, il “sedere alla destra e alla sinistra” cioè i posti d’onore è “per coloro per i quali è stato preparato”.
“Gli altri dieci” – dice il testo – “ cominciarono ad indignarsi con Giacomo e Giovanni”. La loro indignazione è segno che anche loro condividono la grandezza della richiesta dei due fratelli piuttosto che una presa di distanza.
Gesù, allora comprende che nessuno dei Dodici ha capito in cosa consiste il Regno di Dio: “non un regno di potere dove i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi li opprimono”, quindi i primi posti che voi chiedete, “ma tra voi non sia così”. Ecco la grande e importante contrapposizione: non dominare e opprimere, ma servire e farsi schiavi. Il modo di essere grandi e l’unico primato del discepolo consiste nell’abbassamento del servo. E in questo il discepolo non fa altro che imitare il Maestro. Infatti Gesù conclude il suo insegnamento: “Anche il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. L’espressione “per molti” usata da Gesù è un’espressione che nella lingua semitica – quella usata da Gesù – equivale a “per tutti”.
Gesù in chiusura del suo ammaestramento fa cenno al brano di Is 53,10-11 che costituisce il testo della prima lettura. Il brano fa parte del quarto carme del Servo di YHWH che opera in riscatto dei peccatori. Il dolore del servo non è l’ultima esperienza della vita “dopo il suo intimo tormento vedrà la luce”. Infatti il destino di questo servo non rimane chiuso nei confini della sofferenza perché egli è nello stesso tempo servo sofferente e glorificato perché Dio stesso lo chiama alla gloria assieme al suo popolo liberato e salvato dal suo sacrificio.
Con queste indicazioni del Vangelo e della prima lettura possiamo accostarci alla seconda che ci presenta Gesù come sommo sacerdote pieno di compassione verso le debolezze degli uomini perché Egli stesso è stato sottoposto a tutte le tribolazioni della vita degli uomini, eccetto il peccato. E il risultato è che, grazie a Cristo, noi possiamo avvicinarci con fiducia, anzi con sicurezza, al trono di Dio: «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. L’autore della lettera agli Ebrei, quindi, invita a lottare con fiducia contro ogni forma di male e a credere che Gesù è in grado di capire e compatire la nostra condizione di persone non ancora totalmente libere e nella piena maturità, ma che lo saranno per dono e per grazia.
Cristo, che ha attraversato i cieli, è per noi garanzia di salvezza.

Sorelle Clarisse
Monastero S. Micheletto

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