Oggi la liturgia ci propone il Vangelo delle Nozze di Cana, un episodio narrato da Giovanni, testimone oculare del fatto. Questo episodio è stato collocato in questa domenica che segue immediatamente il tempo di Natale perché insieme con la Visita dei Magi e con il Battesimo di Gesù forma la trilogia dell’epifania, della manifestazione di Cristo. Quello delle nozze di Cana è “l’inizio dei segni”, cioè il primo miracolo compiuto da Gesù con il quale Egli manifestò in pubblico la sua gloria suscitando la fede dei suoi discepoli. Quindi è chiaro che agli occhi dell’evangelista quello che accade a Cana è molto di più che la semplice soluzione di una difficoltà familiare o una difficoltà di questa festa di nozze e ci segnala che il racconto è ricco di simboli, che il linguaggio a cui Giovanni ricorre è un linguaggio simbolico e quindi va interpretato, va compreso al di là di quello che è la sua più immediata apparenza, la sua più immediata comprensione.
Una festa, anche una festa di nozze, l’amore tra un uomo e una donna, l’acqua, il vino, l’accorgersi di una mancanza, il prendersene cura, una parola che istruisce, un’obbedienza che accoglie questa parola, in fondo sono tutte realtà che costituiscono il tessuto ordinario della nostra vita e che però diventano segno, mediazione di una realtà molto più profonda: la gloria stessa di Dio che si rende presente e si manifesta nella ferialità della nostra vita. E’ il vedere come nell’ordinarietà della nostra vita si rende presente il mistero di Dio che trasforma anche le esperienze più ordinarie che possiamo vivere perché le rende luogo della sua presenza, della sua rivelazione.
L’ intervento di Gesù viene sollecitato dalla Madre di Gesù che, per prima, si accorge di quello che manca a questa festa, “Non hanno vino”. Il problema non è che viene a mancare del vino, il problema è che ci sono delle persone che non hanno vino, che ci sono anzitutto questi due sposi che non hanno vino, e poi insieme a loro ci sono anche gli altri invitati alla loro festa che non hanno vino. Quindi c’è qualcosa che manca alla festa, alla gioia degli uomini. E’ la nostra vita, non semplicemente il banchetto, è la nostra vita ad essere priva di qualcosa di essenziale.
L’accento della frase cade piuttosto su un’assenza, su una mancanza alla quale appare difficile porre rimedio e soprattutto non si tratta di tornare indietro per recuperare qualcosa che prima c’era e che adesso è venuto a mancare: occorre qualcosa di nuovo, qualcosa che non c’è mai stato e solamente Gesù può donare.
«Quale insegnamento possiamo ricavare dal mistero delle Nozze di Cana? Il banchetto è un’icona della Chiesa al centro c’è Gesù misericordioso che compie il segno, è lui il vero Sposo e intorno a lui ci sono i discepoli, le primizie della nuova comunità e vicino a Gesù e ai suoi discepoli c’è Maria Madre provvidente e orante. Maria partecipa alla gioia della gente comune e contribuisce ad accrescerla; intercede presso suo Figlio per il bene degli sposi e di tutti gli invitati. E Gesù non ha rifiutato la richiesta di sua Madre: Maria ha gli occhi vigili e buoni come suo Figlio, il cuore materno e pieno di misericordia come Lui. Questo ci riempie d fiducia e ci fa aprire alla grazia e alla misericordia di Cristo. Nella sollecitudine di Maria si rivela la tenerezza di Dio.
Nella scena ad avere un ruolo importante oltre a Gesù e a sua Madre ci sono i servitori che ricevono da lei questa indicazione: “qualsiasi cosa vi dica fatela”. Il miracolo è opera di Gesù, ma egli vuole servirsi dell’aiuto umano per compierlo. Avrebbe potuto far apparire direttamente il vino nelle anfore, ma vuole contare sulla collaborazione umana e chiede ai servitori di riempirle di acqua. Questi personaggi anonimi del Vangelo ci insegnano tanto: non soltanto obbediscono, ma obbediscono generosamente: riempiono le anfore fino all’orlo. Si fidano della Madre, fanno subito e bene ciò che viene loro richiesto, senza lamentarsi, senza calcoli.
Se sapremo seguire la voce di Colei che dice anche a noi “qualsiasi cosa vi dica fatela” Gesù trasformerà sempre l’acqua della nostra vita in vino pregiato». (cfr Papa Francesco, Messaggio per la giornata mondiale del malato2016, in OR 16 settembre 2015)
Sorelle Clarisse
Monastero S. Micheletto