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Commento alle letture della XXIII domenica del Tempo Ordinario

Pubblicato su 1 Settembre 2016 di Sorelle Clarisse

La sapienza divina è il tema che accomuna le letture di questa Domenica. Con la Colletta iniziale preghiamo Dio perché ci doni la sapienza del suo Spirito per diventare suoi discepoli, poiché la sequela è una risposta, un atto di fede che ha esigenze radicali nella nostra vita: per questo abbiamo bisogno del suo Spirito che ci insegna a discernere ciò che dobbiamo fare e a riconoscere la presenza del Signore nella nostra storia, nel nostro umile quotidiano.

Nella prima lettura troviamo alcune riflessioni poste in forma di domande retoriche sulla possibilità da parte dell’uomo di entrare nei disegni divini: solo la sapienza che viene dall’alto da  all’uomo la capacità di conoscere il Signore e la sua volontà, donandogli la forza e l’amore per attuarla. Per mezzo della Sapienza ogni creatura prende coscienza della propria realtà di limite e finitezza, ma scorge anche lo sguardo di Dio su di lei, il suo amore e il suo desiderio di entrare in profonda relazione con Lui al punto di essere partecipe della sua opera: “gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati”. Tale dono rende l’uomo capace di vivere secondo il disegno di Dio e in comunione con Lui. Anche nel Salmo 89 ritornano queste considerazioni sulla caducità della vita dell’uomo, dentro la quale è racchiuso un invito alla conversione: solo Dio è eterno, immutabile, Egli ha in mano le sorti della storia e la vita di ogni essere. Da queste considerazioni nasce la preghiera perché il Signore ci insegni a contare  i nostri giorni per viverli pienamente.

Possiamo leggere in questa ottica anche la seconda lettura, la lettera a Filemone: è forse lo scritto più personale di san Paolo, composto durante la sua prigionia, nel quale chiede che il padrone Filemone riaccolga Onesimo un suo schiavo fuggito, il quale aveva cercato rifugio presso di lui e qui si era convertito al cristianesimo. Paolo si pone da intermediario tra lo schiavo e il padrone e dona loro un nuovo modo di vivere questo rapporto: come uomo, come fratello carissimo, come fratello nel Signore. E’ la proclamazione della dignità dell’uomo che si fonda sul Cristo dal quale tutti abbiamo ricevuto al vita in abbondanza, i rapporti umani si pongono quindi sotto una nuova luce quella del Signore Padre di tutti.

Nel brano del Vangelo Gesù indica le condizioni per seguirlo: alla folla che si accosta a Lui in cammino verso Gerusalemme Egli propone una logica diversa da quella di questo mondo è la sapienza della croce, del donare la propria vita, di amare sino alla fine. “Se uno non mi ama più di quanto ami…”  il Signore ci dice parole forti, chiede un distacco da tutto perfino dalla propria vita, Egli non vuole che ci priviamo degli affetti più cari ma ci indica un nuovo modo di viverli ponendo Lui al centro, affidando con la fiducia di figli la nostra vita a Lui. tale esigenza è motivata dall’amore, seguire Gesù coinvolge tutti noi stessi, per questo è necessario togliere tutto ciò che ci appesantisce nel cammino.“Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me non può essere mio discepolo”: non si tratta di avere maggiori sofferenze , ma di vivere con Lui ogni affanno e dolore che incontriamo nel cammino della vita, offrirle perché unite al Signore siano  strumento di salvezza. La sequela esige un discernimento: importante è sapere ciò che si vuole, tenere presente la meta e calcolare le forze che ci occorrono per raggiungerla. Dobbiamo discernere nella preghiera per poter “costruire” sulla salda roccia del suo amore ed essere suoi fedeli discepoli.

Sorelle clarisse Monastero San Micheletto

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