Al centro della liturgia odierna troviamo l’annuncio della venuta di Cristo: il Signore verrà a salvarci. Il Signore viene continuamente in mezzo a noi: siamo chiamati a convertire i nostri cuori, a riconoscere e ad accogliere la sua presenza nella nostra vita.
La prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, è un oracolo che ci offre una duplice immagine: quella del virgulto e quella della nuova creazione riconciliata dalla presenza di Dio che riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. Da un tronco apparentemente morto, quindi senza vita né possibilità per il futuro, spunterà un virgulto: è la novità dell’agire di Dio, un nuovo inizio reso possibile lì dove tutto sembrava finito. Su questo virgulto scende stabilmente e in pienezza lo Spirito del Signore: è un’attesa, collegata ai tempi messianici ed escatologici, di un’abbondante effusione dello Spirito. Lo Spirito che scenderà è Spirito di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, conoscenza e timore: sono qui elencate le caratteristiche dello Spirito che la tradizione cristiana indicherà come i sette doni aggiungendo ad esse la pietà. La nuova vita che nascerà riceve la pienezza dei carismi per vivere un rinnovata relazione con Dio, gli uomini, il creato. Nella seconda parte del brano troviamo la descrizione e gli effetti di tutto questo: la creazione pacificata dove regna l’armonia tra gli animali anche quelli più feroci e gli uomini. La presenza del bambino ci da l’immagine della vita, della pace che si estende ovunque. Siamo dinanzi alla descrizione di un nuovo mondo colmato dallo Spirito, la pienezza di Dio. Ritroviamo il tema della speranza e consolazione anche nella seconda lettura. E’ dalla Scrittura che l’uomo trae forza e sapienza: questa non solo ha valore di insegnamento, ma contiene in sè una misteriosa efficacia che opera nella vita del credente. L’incontro con la Scrittura e con il Dio della perseveranza e consolazione che in essa parla ed opera non plasma soltanto la vita del singolo credente ma edifica l’intera comunità: è quanto afferma l’apostolo Paolo il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù. Una comunione piena che porta a divenire un cuor solo e un’anima sola, ad accogliere pienamente l’altro nella sua diversità per la gloria di Dio. Tale accoglienza attinge dalla Scrittura il suo nutrimento per la vita ordinaria che da solidità, perseveranza, accettazione dei propri limiti e di quelli altrui. Questa è la conversione di cui ci parla il Vangelo. Figura di spicco nella liturgia dell’Avvento e in particolare di quella odierna è Giovanni Battista: al v.4 così viene presentato: “portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi…” una descrizione collegata alla sua indole ascetica e rigorosa, che richiama la figura veterotestamentaria di Elia il grande profeta chiamato a restaurare il culto in Israele. In tal modo l’evangelista indica l’identità profetica del Battista, il nuovo Elia che deve tornare a preparare i giorni messianici, per questo accorrevano a lui molti per farsi battezzare confessando i loro peccati. Al centro della sua predicazione vi è l’urgenza della conversione, preparare i cuori alla venuta del Signore. Il deserto, luogo scelto dal profeta, evoca il passato di Israele, la cura amorosa di Dio verso il suo popolo, richiama le promesse di una guarigione profonda, di un ritorno al Signore e di una intimità con Lui; per questo il deserto è luogo simbolico della purificazione e del perdono, dell’alleanza rinnovata. La venuta del Signore non può trovare dei cuori indifferenti, ma pronti ad accoglierlo. Preparare la via del Signore è, dunque, il modo concreto di attuare la conversione, il capovolgimento della mentalità e della prospettiva umana. Fate frutti degni di conversione: questa invettiva del Battista con i farisei, un vero e proprio scontro con i capi religiosi che vivono un formalismo esteriore, è un’ammonizione anche per noi a non fermarci all’esteriorità ma a puntare sulla conversione del cuore che trasforma anche le nostre opere e il nostro rapporto con Dio e con gli altri. La voce del Battista risuona anche oggi ad indicare la via che conduce al Signore, è un richiamo forte all’attesa della sua venuta, alla speranza che il Signore viene incontro al suo popolo, a quanti lo accolgono con fiducia e amore.
Sorelle Clarisse. Monastero San Micheletto
