In questa quinta domenica di Quaresima la liturgia preannuncia i temi della Pasqua ormai vicina: la vita ci viene donata da Cristo che è proclamato nostra resurrezione e vita.
Nella prima lettura il profeta Ezechiele ci rivela la potenza dello Spirito che è capace di far risorgere a vita gli avanzi del popolo d’Israele ormai ridotto ad ossa aride e senza possibilità di vivere. Infatti il popolo d’Israele esiliato e ridotto a un piccolo resto si è abbandonato al pessimismo: “le nostra ossa sono aride; la nostra speranza è finita” (Ez 31,11). Per il profeta invece la speranza non è morta, anzi è proprio questo il tempo in cui bisogna sperare nella potente azione di Dio: Dio ricondurrà di nuovo Israele nella sua terra e quel giorno sarà una nuova creazione.
Il brano evangelico si colloca sulla scia della prima lettura.
Prima di volgersi decisamente verso Gerusalemme Gesù offre ai discepoli disorientati e impauriti per gli annunci della passione un anticipo della gloria: mostra loro il significato inatteso della croce. Nell’ultimo tratto del cammino di Gesù la Resurrezione di Lazzaro risplende come una promessa: la morte non è l’ultima parola di Dio anche se sarà proprio questo miracolo il motivo della sua condanna a morte. Gesù attraverso questo miracolo vuole portare non solo i suoi discepoli, ma anche Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, alla fede nella Resurrezione. Infatti ai discepoli dice: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là perché voi crediate” e a Marta: “Io sono la Resurrezione e la vita chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”.
La vita fisica ridonata a Lazzaro è il segno della glorificazione del Figlio e della vita eterna. Gesù però, nonostante il suo amore e la sua amicizia per Lazzaro, Marta e Maria, non interviene subito e lascia che il frutto della morte si consumi. Infatti prima di tornare a Betania aspetta tre giorni (è il giorno della Resurrezione: dopo tre giorni Gesù risuscita). Il ritardo di Gesù ci dice che i tempi di Dio non sono i nostri tempi, ma che siamo chiamati semplicemente ad accoglierli, non possiamo né anticiparli né ritardarli. La Resurrezione di Lazzaro ci insegna che Gesù non è venuto ad alterare il ciclo della vita fisica liberando l’uomo dalla morte biologica – infatti Lazzaro morirà di nuovo – ma a dare a questa un nuovo significato: la morte anche se ci fa paura e la nostra società la esorcizza in vari modi, fa parte della vita. “La vita che Dio dona all’uomo è ben più di un esistere nel tempo. E’ tensione verso una pienezza di vita; è germe di una esistenza che va oltre i limiti stessi del tempo […] consiste nell’essere generati da Dio e nel partecipare alla pienezza del suo amore che è eterno. La vita che Gesù promette e dona è ‘eterna’ perché è la vita stessa di Dio.” (cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae n° 34-38).
La morte allora non è un impedimento al vivere quotidiano, ma è uno scorgere nella finitezza del tempo e delle cose la gloria del Risorto. Il vivere cristiano è un vivere in funzione non della morte, ma della Resurrezione dando il posto che loro compete alla malattia, alla sofferenza e alla morte stessa in vista della gloria di Dio, Creatore e Salvatore dei vivi e dei morti. Per questo Gesù dice “Io sono la Resurrezione e la vita chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”.
Sorelle Clarisse
Monastero san Micheletto
