Nelle letture della veglia ripercorriamo tutta la storia della salvezza per fare memoria di ciò che il Signore ha compiuto per noi.
Questa notte è la notte della salvezza, della creazione, dell’alleanza, dell’esodo, della Pasqua del Signore celebrata dal popolo d’Israele che esce dall’Egitto, ma è soprattutto per noi oggi la notte della Resurrezione del Signore Gesù.
La notte in cui la vita trionfa sulla morte, ma questa notte, in cui siamo chiamati a vegliare, a stare desti, pronti con le lampade in mano, è spezzata dalla luce del nuovo giorno. Attendiamo che sorga il primo giorno della settimana, il giorno della creazione (e fu sera e fu mattina, primo giorno cfr. Gen 1, 1.) Attendiamo che sorga il giorno ottavo, il primo dopo il sabato. Non attendiamo il settimo giorno in cui Dio si riposò dalle sue opere, ma l’ottavo, il giorno della nuova creazione, il giorno della Resurrezione di Cristo.
Ed è proprio in questo giorno che le donne, Maria di Magdala e l’altra Maria, si recano al sepolcro. Il loro andare è per “visitare” un morto: il sepolcro per loro è solo il luogo dove era stato deposto il corpo del Signore. Ma giunte al sepolcro un terremoto sconvolge la loro vita: trovano la pietra rotolata, un angelo seduto sopra di essa a fare al guardia a un sepolcro aperto, quindi vuoto, mentre le guardie che dovevano fare la guardia dalla paura “tremarono tramortite” e sono diventate esse stesse come morte, incapaci di assolvere il loro compito. Anche le donne sono impaurite tanto che l’angelo le rassicura: “Non abbiate paura voi. So che cercate Gesù il crocifisso”. Esse infatti prese dalla pietà erano andate a visitare un morto come si fa quando si fa al cimitero, ma l’angelo continua: “Non è qui, è risorto” cioè cercatelo da un’altra parte. Ma dove? L’angelo stesso dà loro le indicazioni: “ Vi precede in Galilea, là lo vedrete”. Prima di andare in Galilea le donne sono invitate ad andare ad annunciare ciò ai discepoli come se si dovesse formare un corteo che da Gerusalemme raggiunga la Galilea per incontrare Gesù. E’ un ritornare alle origini: dalla Galilea erano partiti i primi discepoli alla sequela di Gesù.
Lungo la via le donne sono testimoni di un altro evento: Gesù stesso si fa loro incontro ed esse “gli presero i piedi e lo adorarono”. Il prendere i piedi è segno di intimità, ma anche di voler trattenere Gesù; l’adorare è il riconoscimento che Gesù è il Signore. Gesù si lascia toccare ma nello stesso tempo le invita a non interrompere il loro cammino e ripete loro le parole dell’angelo: “Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”. E Maria di Magdala e l’altra Maria continuano il loro cammino consapevoli di aver ricevuto una missione: portare al mondo intero la bella notizia che non tutto si chiude con la morte. La morte diventa l’inizio di una vita completamente nuova, grazie alla quale ciascuno può aprirsi secondo la misura delle propria fede all’esperienza di una vita più completa condivisa con chi ci ha preceduto nel segno della fede. Anche noi dunque crediamo e testimoniamo che Gesù è risorto perché raggiunti e “fondati” sulla testimonianza degli Apostoli che lo hanno visto “veramente” risorto dai morti: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta”.(1 Gv 1,1-4)
Sorelle Clarisse
Monastero S. Micheletto