La liturgia della Parola di questa domenica ha come motivo dominante l’accoglienza.
Ci accostiamo alla prima lettura con la frase del Vangelo: “chi accoglie un profeta perché è un profeta avrà la ricompensa del profeta”. Il profeta Eliseo viene accolto con premura, tatto e delicatezza tutta femminile da un’illustre donna di Sunem, la quale dapprima offre al profeta da mangiare e poi, d’accordo con il marito, gli dà ospitalità: “Facciamo una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare”. L’accoglienza di questa coppia senza figli non resta senza frutto e infatti, come dice il Vangelo, “avrà la ricompensa del profeta”. Cosa significa?
Il profeta è colui che non parla da se stesso, ma è annunciatore della Parola di Dio, una parola che una volta detta si fa evento, si realizza come nella creazione: “Dio disse.. e fu…” oppure, portando un esempio evangelico quando Gesù nella sinagoga di Cafarnao legge il rotolo del profeta Isaia e dice: “ Oggi si è compiuta questa parola che avete ascoltato”.
Per questa coppia di sposi la ricompensa del profeta è avere una discendenza: “l’anno prossimo in questa stessa stagione tu stringerai un figlio tra le tue braccia”. Per questa coppia, dunque, si prospetta una nuova rinascita, una nuova creazione operata dalla parola del profeta, messaggero della Parola di Dio.
Ecco allora l’importanza della Parola di Dio nella vita di ogni cristiano perché questa Parola ascoltata e accolta si realizza e diventa realtà, diventa apportatrice di vita.
Il brano evangelico, tratto dal Discorso sulla missione che Gesù fa ai discepoli, ci fa fare un passo in avanti nell’accoglienza: non più accogliere il profeta nella nostra casa, ma Gesù stesso nella nostra vita. Questa accoglienza viene espressa con radicalità: bisogna affidarsi totalmente a Cristo con il rischio che questo comporta: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”. Di fronte alla scelta di Gesù deve cedere ogni legame terreno, ma per ritrovarlo in un modo nuovo, arricchito della grazia di Dio. E’ ciò che viene espresso con i verbi perdere-trovare. Il cristiano deve vivere continuamente con questa polarità: uscire da se stesso, dal proprio egoismo per aprirsi agli altri e questo perdersi dell’uomo deve avvenire in Dio e per Dio per trovare la vita piena. Ogni volta che ci si perde nella dedizione a Dio e al prossimo la nostra vita anziché impoverirsi si arricchisce della vita stessa di Dio: “io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
La seconda lettura ci indica da dove parte la nostra accoglienza di Cristo nella nostra vita: dal battesimo. Nell’acqua del fonte battesimale veniamo sepolti con Cristo e nello stesso tempo risorgiamo con lui a vita nuova, per vivere da figli della luce e non delle tenebre e dell’errore.
Sorelle Clarisse
Monastero S. Micheletto
