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XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. ANNO A

Pubblicato su 14 Settembre 2017 di Sorelle Clarisse

La liturgia della Parola di questo giorno ci invita a riflettere sulla misericordia e  sul  perdono, Dio stesso che è misericordia infinita, ci chiama ad assumere i suoi stessi sentimenti.

Nella prima lettura il brano, tratto dal libro del Siracide, presenta un’ esortazione sul perdono. I versetti proposti fanno parte di una lunga istruzione sul tema dell’ira e della misericordia. Il saggio è presentato come colui che disprezza l’ira e la vendetta, perché strettamente collegate ad una condizione di peccato: “rancore ed ira sono cose orribili e il peccatore le porta dentro”, tali sentimenti “covano” nel cuore dell’uomo, creano conflitto intorno  a lui e lo allontanano da Dio.  Colui che invece,  ad immagine del Signore, perdona il male ricevuto sarà perdonato dei suoi peccati  e la sua preghiera sarà ascoltata da Dio. Ben Sira (autore del Siracide) ci dice che il perdono diviene un vincolo imprescindibile per ottenere la remissione dei propri peccati, attraverso tre domande retoriche egli approfondisce questo tema. Tutte e tre le domande mettono in rilievo la piccolezza di colui che non sa perdonare in contrapposizione ai benefici che riceve dal Signore.  Nella prima domanda si ricorda che non può ottenere guarigione dal Signore chi porta rancore verso il fratello … in sintesi l’autore ci pone di fonte a questa domanda: come può una semplice creatura conservare l’ira e chiedere l’indulgenza per i propri errori? L’osservanza del Decalogo, dell’alleanza stabilita con il Signore,  conduce il discepolo su una strada di misericordia: “ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui”.  Questo brano diviene un monito per noi oggi: siamo chiamati a non tenere conto del male ricevuto, a chiedere al Signore il perdono dei nostri peccati e a ricordare la nostra condizione di creature bisognose della misericordia di Dio.

Ritroviamo il tema della misericordia e del perdono nel Vangelo, un brano tratto dall’evangelista Matteo, che fa parte del discorso di Gesù sulla Chiesa. Siamo di fronte ad una parabola , introdotta dalla domanda di Pietro, che è un vero e proprio insegnamento di Gesù sul perdono. Attraverso queste parole il Signore pone l’accento non tanto sul perdono da offrire, quanto sulla grandezza della sua misericordia che diviene fonte e modello dell’amore umano. Come il Signore accorda a ciascuno il suo perdono, così anche i discepoli devono perdonare tenendo presente che perdono offerto al proprio fratello non sarà mai  grande quanto quello ricevuto da Dio che attraverso il sacrificio del suo Figlio, ci ha condonato tutto il debito.

La misericordia e la prossimità verso i fratelli non sono un compito da svolgere, una legge a cui aderire, ma uno stile di vita a cui dobbiamo tendere ogni giorno,  che determina la nostra identità di discepoli del Signore: questo è quanto chiediamo nella preghiera del Padre nostro, rivolgendoci a Dio con la confidenza e l’amore dei figli.

 

Sorelle Clarisse. Monastero San Micheletto

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